Pensieri sulla morte

La morte ha sempre avuto un ruolo interessante per la filosofia, fin dall’antichità i pensatori hanno investigato sulla sua natura, il motivo di tale interesse è  dovuto al fatto che la morte è il comune ed inevitabile nostro individuale destino. La certa e comune conclusione della nostra vita è la morte che piaccia o dispiaccia, è forse questa una delle poche certezze della vita.
POST MORTEM NIHIL EST con questa frase il filosofo romano Senaca nelle Troades afferma che dopo la morte c’è solo il nulla, io condivido questa frase e credo che Senaca per primo abbia spiegato la vera natura della morte. Michel Onfray ha scritto:  tutti camminiamo verso il nulla.

La morte è l’opposto della nascita, quando dal nulla passiamo alla vita, nella morte dalla vita passiamo al nulla. La medesima dimensione nella quale non eravamo prima di nascere torneremo a non essere dopo la morte, quindi la morte è un’esperienza non vissuta da tutti quindi a tutti non conosciuta, ma non del tutto sconosciuta. Scrisse Feuerbach: Sarà di noi dopo la nostra morte lo stesso che già è stato prima della nostra nascita Ed ancora: la morte non è una fine parziale, ma totale.

Nessuno come Feuerbach ha guardato in faccia la realtà della morte, ed ha scritto: La morte non è un annientamento positivo, bensì un annientamento che annienta se stesso, un annientamento che di per se stesso è niente, nulla. La morte è di per se stessa la morte della morte; col finire della vita finisce ella stessa, muore per la sua propria mancanza di senso e contenuto.

Si legge sempre nel medesimo libro: Solo per gli altri l’individuo cessa di essere, non per se stesso; la morte è morte solo per coloro che vivono, non per coloro che muoiono. Inoltre si legge: Ciò che nega l’esistenza stessa non ha di per se stesso esistenza La famosa massima di Epicuro: Non dobbiamo avere paura della morte perché quando ci siamo noi lei non c’è ancora, e quando c’è lei non ci siamo più noi.

Giusta massima che considera la morte annientamento della coscienza in primis. Consapevoli di questo, quale atteggiamento dovremo correttamente tenere nei confronti della nostra sicura fine? La mia risposta è: l’unico atteggiamento mentale giusto è quello di ignorare la morte voltandole le spalle, volgendo unicamente il nostro sguardo verso quello che resta della nostra vita. Tutte le altre idee sulla morte sono errate. Scrisse giustamente Spinoza: Un uomo libero pensa alla propria morte meno che a qualsiasi altra cosa; e la sua saggezza è una meditazione non sulla morte, ma sulla vita.

Ma per quali motivo noi dovremmo assumere un comportamento tanto disinteressato verso il sicuro e definitivo nostro destino? Semplicemente perché la nostra morte individuale, (si badi e non altrui), è nulla, è nihil, quindi non è ragionevole né logico, ma al contrario idiota, occuparsi del niente. Oggi sappiamo se siamo determinati a guardare la realtà, che il post mortem è uno stato di annullamento totale identico a quello del tempo prima di nascere, di fronte al nulla non occorre nulla, per questo diciamo che il comportamento filosoficamente più corretto da tenere nei confronti della propria morte è quello di ignorare completamente il fatto, come qualcosa che non ci riguarda.

Pensare alla propria morte è stupido ma più che altro inutile, ma nei confronti della morte gli uomini sono colti dall’emotività e sono inclini ad assumere comportamenti errati. Scrisse Feuerbach: L’uomo non deve certo pensare alla sua fine, al suo non essere. Una giusta idea della vera natura della morte ci aiuta ad assume un comportamento razionale e corretto nei confronti della vita, mantenendo questa vita fino a quando questa vita è vivibile e piacevole, non accanendosi nell’idea di restare in vita ad ogni costo anche quando questa vita non ha più nulla di buono ma ci riserva solo dolore e sofferenza.

Nessun uomo soffrirà del fatto di essere morto, ma tutti gli uomini sono angosciati per la prospettiva ineluttabile della morte, la mia consapevolezza ed il mio insegnamento hanno lo scopo di ridurre se non estinguere l’angoscia per l’inevitabile prospettiva mortale, che poi resta l’unica fonte reale di sofferenza. Posso tranquillamente affermare che l’intero problema della morte individuale si riduce unicamente all’angoscia dell’idea di morire.

Alla fine anche la morte personale si dimostra come già Dio e l’immortalità, solo un’idea vuota priva di consistenza reale, idea della quale si può fare benissimo a meno, della quale non si ha alcuna necessità, idea che si può benissimo ignorare non subendo danno alcuno, mentre avremo dolore e sofferenza enfatizzando l’idea della morte. La morte personale non va enfatizzata ma ignorata, se si vuole seguire il retto comportamento nei suoi riguardi. Nei confronti della morte si può avere paura, temendo la morte, non come fine della vita ma come post mortem, oppure si può assumere un atteggiamento di attrazione.

Tra i tanti pensieri che si possono avere intorno alla morte, direi che quello di gioire oggi nella sicura prospettiva dell’annullamento futuro è tra i più assurdi, perversi, e malsani, oltre che sicuramente idioti. Ma sono categorico nel definire questi pensieri profondamente errati, per l’unico  motivo che considerano la morte, la propria morte, come qualcosa di esistente e consistente, mentre noi sappiamo che la morte individuale è solo un’idea che consistenza non ha. Leonardo da Vinci esprimendo il suo genio anche in questo campo scrisse: Come dopo un’intensa giornata vissuta un sonno ristoratore è la cosa più gradita, così la morte dopo una vita intensamente vissuta. Se qualcuno dubitasse della necessità della filosofia nella vita pratica, costui si dovrebbe ricredere nei confronti del problema morte.

Attraverso le elaborazioni e le considerazioni filosofiche possiamo acquisire un abito mentale necessario per superare l’angoscia e la paura della prospettiva mortale della quale ogni uomo è consapevole, lasciando ad altri i terrori religiosi e le fantasie nefaste dell’immortalità.

MORIRE RESTA L’ULTIMA  POSSIBILITA’

La morte è un’entità insignificante che ha come unico effetto concreto di interrompere la vita, ella ha quindi unicamente valore in relazione alla vita ma non in se stessa. L’uomo può subire il morire come evento naturale inevitabile, ma ha facoltà anche di sceglierlo come atto volontario e deliberato con lo scopo di interrompere la vita ritenuta dolorosa ed insostenibile. Questa è una grande possibilità dell’uomo, una potente facoltà che gli permette di scegliere per se stesso. Senaca, scrisse :”è aperta all’uomo la via verso la libertà.

Dovunque ti volgi, trovi la fine dei tuoi mali. Vedi quel precipizio? La si scende verso la libertà. Vedi quel mare, quel fiume, la libertà abita nelle loro profondità. La decisione di morire nella cultura corrente è ritenuta un proponimento abietto, ma al contrario è l’unico modo insostituibile anche se tragico e pietoso per togliersi da una vita di sofferenza e priva di prospettive migliorative. Feuerbach ha scritto: Io voglio anche la mia morte; ma solo se è l’ultimo ed unico mezzo di rendermi libero dalle miserie della vita umana.

Mai la decisione di morire deve considerarsi un atto per entrare nella morte, ma solo quello per uscire dalla vita, a prima vista sembrerebbe la stessa cosa, ad una considerazione più profonda la differenza è sostanziale, uscire da una vita di dolore può essere vantaggioso per l’uomo, e morire diventa un modo risolutivo allo scopo. Quindi l’unico scopo logico riconosciuto alla possibilità di decidere di morire è quello di cancellare il proprio futuro.

Da qui parte Feurbach per scrivere: Se la vita non è più che un male, la morte non è un male ,anzi un diritto, il sacro diritto naturale di chi soffre a liberarsi dal male. E’ chiaro che in Feuerbach la morte non viene vista come soggetto attivo, ma unicamente come la liberatrice dei mali della vita, quindi non morte in se, ma la fine della vita.

 

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